Il 28 e 29 settembre a Mantova per Artlab2017 Territori Cultura Innovazione per discutere di politiche culturali in vista dell’Anno Europeo del Patrimonio Culturale 2018. Gabriella Riccio è discussant al tavolo Sostenibilità e Governance su Beni Comuni e Usi Civici. L’intervento si può scaricare in .pdf
PER UN APPROCCIO SISTEMICO AL PATRIMONIO CULTURALE: USI CIVICI E BENI COMUNI
di Maria Francesca De Tullio e Gabriella Riccio
Da tempo le mobilitazioni dei lavoratori dell’arte, cultura e spettacolo in Italia come in Europa hanno compreso il nesso profondo tra spazio pubblico, come ambito fisico e giuridico dove la collettività decide, e patrimonio pubblico, come luogo dove la comunità possa continuamente produrre e fruire del patrimonio culturale. La presa di parola, l’espressione artistica e il godimento del patrimonio culturale concorrono tutti alla formazione della dimensione democratica della persona. Di conseguenza, l’implementazione del patrimonio e dell’arte sembra inscindibile dall’elaborazione di modelli di gestione e governance più inclusivi. La sfida della «valorizzazione» del patrimonio sta nel ‘lasciar essere’ l’espressione artistica come realtà civica e culturale eterogenea, insofferente a regole rigide, ma allo stesso tempo precaria e vulnerabile rispetto alle logiche competitive e uniformanti del mercato. Per questo, sembra che la valorizzazione vada pensata in sinergia con un nuovo concetto di sussidiarietà orizzontale (art. 118.4 Cost.), che ‘lasci essere’ lo spazio pubblico come creato dall’autorganizzazione e autogoverno dei cittadini, perché la collettività innanzitutto è capace di interpretare l’interesse generale. Quindi l’Amministrazione è chiamata a un’azione positiva che sostenga, con spazi e risorse, questa autodeterminazione dei consociati (Cerulli Irelli 2004, Rescigno 2002), della quale il patrimonio si nutre proprio come la cultura fiorisce attraverso la cooperazione e la condivisione di idee e pratiche.
In questo senso il modello napoletano e il caso dell’Ex Asilo Filangieri forniscono utili elementi di riflessione. Dal 2012 una comunità aperta di lavoratrici e lavoratori di arte cultura e spettacolo pratica una forma di autogoverno di quello che è stato riconosciuto bene comune emergente attraverso una ricca attività di produzione culturale, artistica e sociale. Attraverso un uso ‘creativo’ del diritto, con una interpretazione estensiva degli usi civici – patrimonio dimenticato del nostro sapere fare ‘in comune’ – la comunità dell’Asilo ha elaborato in tavoli di lavoro pubblici la Dichiarazione di uso civico e collettivo urbano dotandosi di norme condivise in grado di garantire autogoverno, accessibilità, fruibilità, imparzialità, democraticità e non esclusività nell’utilizzo del bene. La Dichiarazione è stata recepita dal Comune di Napoli che, con Delibera 893/2015, riconosce una comunità informale, il suo potere di autonormazione civica, il valore culturale e sociale in termini di redditività civica da questa generato. L’Amministrazione ha poi allargato questo percorso ad altri sette spazi per una superficie di oltre 40.000 mq riconoscendoli «beni comuni emergenti e percepiti quali ambienti di sviluppo civico e come tali strategici» (Delibera n. 7/2015).
L’uso civico urbano pone quindi in essere processi costituenti nuove istituzioni dal basso. L’antica categoria può essere estesa in quanto diretta traduzione di principi costituzionali. Infatti, il sistema degli artt. 3, 9, 43 e 118 Cost. suggerisce che determinati beni, necessari a realizzare i diritti fondamentali (Commissione Rodotà del 2007), debbano essere oggetto di una «demanialità rafforzata». Cioè, essere inalienabili, ma anche vincolati a una gestione diretta da parte degli individui autorganizzati (Micciarelli 2017). In queste stesse norme costituzionali trova fondamento la legittimità degli atti deliberativi dell’Amministrazione comunale.
Tutti questi sono i principi che la Dichiarazione – come ‘Costituzione’ di questa nuova ‘istituzione del comune’ – traduce in organi e funzioni. Cuore pulsante dell’autogoverno è l’Assemblea, per sua natura pubblica e aperta a tutti, che promuove «politiche attive di inclusione e di affermazione delle singolarità». Questa apertura diviene reale e sostanziale attraverso la scelta del consenso come metodo deliberativo, che educa alla partecipazione costringendo a confrontarsi con le idee e le domande dell’altro, fermo il «ripudio di ogni forma di fascismo, razzismo, omofobia e sessismo».
Questa forma di sussidiarietà orizzontale non privatizza, ma cede ampio potere alle «istituzioni spontanee di cittadini» titolari originarie della sovranità popolare (Micciarelli 2017, Capone 2017). L’Amministrazione si assume qui l’onere di finanziare l’agibilità degli spazi autogovernati e fruiti dalla comunità tutta nel rispetto dei doveri di ordine economico sanciti dall’ articolo 3 della Costituzione.
Le pratiche di produzione che queste esperienze sperimentano, fondate su autofinanziamento e crowdfunding, economia del dono, mutualismo, cooperazione e solidarietà, messa in comune di spazi, mezzi di produzione e competenze, organizzazione orizzontale e non verticistica, permettono un uso ottimale delle risorse, per quanto scarse, con un notevole effetto moltiplicatore ed evidenti ricadute sociali e culturali.
L’uso civico quindi non si pone solo come forma di autogoverno dei beni comuni, utile per la rivitalizzazione da parte dei cittadini di spazi abbandonati, inutilizzati o sottoutilizzati, ma anche come scelta estetica etica e politica per quello che Rancière definisce il «sensibile comune» (Riccio, 2017) che attraverso pratiche di relazione permette di recuperare alla gestione del patrimonio culturale lo spazio performativo che le è proprio: il discorso pubblico, il rapporto umano, le passioni politiche e l’energia desiderante troppo spesso schiacciati dalle logiche del mercato.
Non è possibile qui approfondire gli aspetti economici, artistici e sociali. Basti però segnalare che i riconoscimenti a questi percorsi sono ormai numerosi e vengono da varie aree: diritto, urbanistica, cultura, teatro, economia. Altre città in Italia stanno intraprendendo percorsi amministrativi in questa direzione segno che i tempi sono maturi perché gli usi civici e collettivi possano essere considerati strumento utile per sostenibilità e governance del patrimonio culturale anche a livello nazionale.
Approfondimenti
Capone N., Del diritto d’uso civico e collettivo dei beni destinati al godimento dei diritti fondamentali, in Politica del diritto, n. 4/2016
Micciarelli G., Introduzione all’uso civico e collettivo urbano. La gestione diretta dei beni comuni urbani a Napoli, in Munus, n. 1/2017
Micciarelli G., Uso civico urbano. Beni pubblici e usi collettivi nella prospettiva costituzionale, in Bazzicalupo L. – Mancuso F. – Preterossi G. (a cura di), Trasformazioni della democrazia, Mimesis, Milano 2016
Riccio G., La pratica dell’uso civico come scelta estetica etica e politica per il sensibile comune, in S. Rodotà, I beni comuni e l’inaspettata riscoperta degli usi collettivi, raccolta a cura di Geminello Preterossi e Nicola Capone, La Scuola di Pitagora Editrice, Napoli 2017