KOERPERSRACHE IL LINGUAGGIO DEL CORPO Veronica Molese su Albatros
Al Goethe Institut di Napoli presentate le nuove potenzialità della danza interattiva
Intervista a Gabriella Riccio, interprete di un avanguardistico percorso di ricerca coreografica fondato sull’improvvisazione
La sua prima creazione coreografica nel 2003 “watch/touch” indagava le possibilità dell’improvvisazione coregrafica secondo l’esperienza sensoriale (sguardo-tocco) per uno spettatore partecipe; l’ultima creazione, Koerpersprache, è invece un lavoro di ricerca sulle possibilità della composizione coreografica attraverso la traduzione della parola in linguaggio corporeo. Nasce con Gabriella Riccio, coreografa ed interprete, un percorso di ricerca personalissimo, fondato sull’improvvisazione e su una dimensione scenica in cui artista e spettatore convivono. Napoletana per nascita, la Riccio studia sin da piccola, in Italia, danza classica e contemporanea, avvicinandosi in seguito alla danza butho, al contact improvisation ed al teatro-danza seguendo gli insegnamenti di importanti maestri quali Akira Kasai, Yumiko Yoshioka, ed Hal Yamanouchi. Esibendosi in Italia e all’estero, lavorando con i coreografi Silvia Vladiminsky, hal Yamanouchi e Felix Ruckert, Gabriella si è formata venendo costantemente a contatto con le moderne tendenze della danza contemporanea europea. L’abbiamo incontrata in occasione della presentazione di Koerpersprache, presso il Goethe Institut di Napoli.
Gabriella, Koerpersprache è una perfetta simbiosi linguistico-corporale. Com’è nato il progetto?
“L’idea di Koerpersprache è nata da un momento di ispirazione, ovviamente su uno stimolo esterno, in questo caso il Goethe Institut che voleva presentare un momento di danza in un ambiente che si occupa invece della lingua. Pensando a quale rapporto ci potesse essere tra danza e lingua, e tendo presente che la danza è lingua, ho cercato di portare lo spettatore a scoprire a livello intuitivo, entrando nel gioco da me proposto, quali sono i sistemi che reggono il linguaggio della danza, del movimento. La danza non è semplicemente una serie di suggestioni, di movimenti che si succedono sulla base di un’estetica o di una tecnica chiusa, ma un sistema con una potenzialità espressiva pari a quella del linguaggio”.
Lo spettatore diviene partecipe e coartefice nei tuoi processi creativi?
“Quello che io volevo e quello che mi interessa trovare tuttora è il dialogo diretto con il pubblico, abituato ormai a ricevere passivamente. Passività che viene forse maggiormente fuori sulla danza o magari sull’arte contemporanea, perché laddove non ci sia un percorso profondo di educazione, le persone aspettano di ricevere qualcosa. Io vorrei invece che la danza riuscisse a parlare, a dialogare davvero con il pubblico, portandolo ad entrare nel “nostro” gioco. Avere questa piccola responsabilità come pubblico, ti porta inevitabilmente a farti un pò più di domande rispetto all’esperienza che stai andando a fare. Questo per me è importantissmo”.
Giri moltissimo non solo in Europa ma in ambienti internazionali, eppure non ti sei mai definitivamente allontanata da Napoli molto spesso criticata per non essere “generosa” verso gli artisti.
“Non ho mai preso una posizione verso Napoli, ho semplicemente seguito il percorso della mia vita: la formazione e le opere seguono il ritmo della mia vita di pari passo con la mia personalità. Il rapporto con Napoli per me è un rapporto osmotico, nell’andare e tornare; quando sono all’estero non sono scappata da Napoli nè l’ho abbandonata, ma semplicemente cerco di seguire dei passi, facendo delle esperienze e trovando altrove le cose che mi risuonano come interessanti, allo stesso tempo quando torno a Napoli, per me non è un ritornare ma fa parte del mio ritmo. Non mi identifico con il napoletano che se ne scappa dalla città ingrata o difficile, io vado e torno, e penso che sia il ritmo fisiologico di qualsiasi giovane artista o persona che si muova nell’ambito della cultura in Europa nel 2004”.
Il tuo legame con Napoli è ulteriormente testimoniato da Caosmos il centro per l’arte e il management culturale da te creato nel 2001.
“Caosmos amministrativamente e burocraticamente ha una sede napoletana, perché il mondo ci obbliga a questo, ma in realtà è un ambiente dove mi interessa fare incontrare artisti, persone di pensiero, persone di cultura per aprire un dialogo attivo principalmente sul campo a me più vicino della danza, che però non è un mondo chiuso: non esisterebbe danza se non ci fosse incontro con la filosofia, con la cultura, con la persona…per il momento quello che noto a Napoli è il timore nel proporre, nel prendere l’iniziativa come se le persone fossero ancora bloccate nel loro essere o deluse o scontente, o stanche e affaticate; io penso che un artista non si possa mai stancare o aggrappare a delle delusioni, perché sarebbe la fine. Non è interessante la critica del sistema, ma lo stare nel sistema proponendo il dialogo. Caosmos, nato dall’unione di caos e cosmo, è un ambiente di incontro per il confronto sull’arte e sulla cultura”